
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, le istituzioni del Parlamento europeo incoraggiano i propri membri a esprimersi nella loro lingua madre, anche nei dibattiti plenari e nei lavori delle commissioni.
A garantire che il dibattito non si trasformi in una Babele sono proprio gli interpreti e i traduttori parlamentari. Ma nel ruolo di questi professionisti c’è un risvolto ancora più importante, che passa inosservato ma che ha a che fare con i fondamenti della democrazia.
A multilinguismo e democrazia il Parlamento europeo ha dedicato un recente webinar dal titolo più che eloquente: “Why does European democracy need language professionals?”. Ospite d’eccezione Nicola Beer, vice-Presidente del Parlamento Europeo, in dialogo con due interpreti parlamentari: Teodora Mihaylova e Michael Müller. A moderare l’incontro è stata Alison Graves, responsabile Multilinguismo e Relazioni esterne, Servizio traduzione, del Parlamento Europeo.
«L’Europa è fatta per i cittadini, le istituzioni europee sono formate da persone provenienti da 27 Paesi con realtà linguistiche e culturali anche molto diverse l’una dall’altra», ha affermato la Beer, lei stessa multilingue per storia familiare e percorso di studi. «Io preferisco che un membro del Parlamento europeo parli nella sua lingua madre, perché solo così ha la possibilità di esprimere compiutamente il proprio pensiero – ha rivelato la vice-Presidente – e affinché la democrazia funzioni è fondamentale offrire a tutti la possibilità di esprimersi in maniera franca e diretta e di far passare il proprio messaggio».
In buona sostanza, conoscere l’inglese – che è di fatto l’Esperanto della comunicazione internazionale a tutti i livelli – è utile, ma non discriminante come saremmo portati a credere.
Al centro dello scambio democratico tra i parlamentari europei sono quindi gli interpreti e i traduttori, che – come hanno testimoniato Teodora e Michael – devono destreggiarsi nelle situazioni più complesse e nelle combinazioni linguistiche più insolite, nel qual caso capita di doversi servire di una lingua ponte come l’inglese, il francese o il tedesco. «Ma la lingua “corretta” è quella più efficace e semplice», hanno concordato Teodora e Michael. Per tutti i relatori, nonostante il predominio dell’inglese, il ruolo degli interpreti e dei traduttori avrà un futuro ancora molto lungo.