
Sono lontani i tempi in cui l’esito del referendum del 23 giugno 2016 e le successive esitazioni del governo inglese tenevano il mondo economico e finanziario col fiato sospeso, ma nel vortice della pandemia da Covid-19 perfino il tanto caldeggiato “Brexit Deal” a fine 2020 tra Regno Unito e Unione Europea è passato in secondo piano. In realtà, questo accordo siglato in extremis, che sancisce il libero scambio e azzera dazi e quote, è stato un vero e proprio regalo per le imprese europee che esportano verso il mercato britannico, poiché di fatto ha lasciato aperte le porte. E se nei primi mesi dello shock pandemico l’incerta gestione dell’emergenza sanitaria da parte del governo inglese era parsa aggiungere ansia e difficoltà alla già precaria situazione del dopo-Brexit, in seguito l’avvio di una campagna vaccinale tempestiva e capillare ha fatto del Regno Unito la prima nazione europea che comincia a intravvedere l’uscita dal tunnel. Dal punto di vista economico questo significa moltissimo: la Gran Bretagna sta diventando il mercato più appetibile del Vecchio Continente perché in vantaggio su tutti i competitor nella ripresa e nella crescita del PIL.
Certo è che la decisione della Gran Bretagna di uscire dall’Unione Europea ha segnato uno spartiacque epocale, le cui conseguenze più temute (riduzione degli scambi commerciali, introduzione di barriere burocratiche che aggiungono confusione e oneri facendo perdere competitività, ecc.) sono state controbilanciate da una serie di cambiamenti che le aziende più avvedute hanno già iniziato a riconoscere come un’occasione da cogliere al volo: la Gran Bretagna e la città di Londra in particolare continuano a essere una piattaforma di riferimento per il mondo, ora slegata dall’Europa, che potrà fare accordi commerciali specifici con giganti come gli USA, il Giappone e la Svizzera, muovendo enormi flussi di denaro. Il legame tra le Borse del Vecchio continente e quella di Londra (che tra l’altro è rimasta la più stabile durante la pandemia) è e sarà sempre inscindibile. E un’eventuale svalutazione della sterlina potrebbe solo allettare i compratori favorendo il volume degli scambi tra UK e altri Stati. In buona sostanza, il Regno Unito sarà un protagonista fondamentale del business globale anche nel post-Brexit. Anzi, è assai probabile che rafforzi il proprio ruolo storico di trampolino per l’internazionalizzazione delle imprese.
Landoor è nella City
Tutte queste novità hanno anche dei risvolti linguistici di cui le aziende e le istituzioni scientifiche devono tenere debito conto. Ne è ben consapevole Landoor, che dal 2017 è presente nel Regno Unito con un suo correspondent office. Per favorire il proseguimento del dialogo tra questo Paese e l’EMEA, e in particolare l’Italia, ora rafforza la presenza sul territorio con una sede nel cuore pulsante di Londra, diretta da un Country Manager di grande esperienza, Michael Ellis. Questa soluzione consente di avere connessioni ancora più dirette che in passato con la realtà inglese e rende possibile una più precisa percezione dei cambiamenti che il Paese sta affrontando.
Landoor è il partner ideale per accompagnare le aziende italiane e i clienti internazionali nella nuova Inghilterra del dopo-Brexit e allo stesso modo rappresenta un sicuro punto di riferimento per le imprese britanniche che mantengono un legame commerciale o un dialogo scientifico con l’Italia e viceversa. Non si dimentichi che per l’Italia il Regno Unito è il quinto Paese di destinazione delle esportazioni, mentre in termini di saldi commerciali attivi è il secondo al mondo dopo gli USA.
L’ufficio londinese di Landoor vanta una fitta rete di consulenti e di enti di riferimento, tra cui la Camera di Commercio britannica e la Camera di Commercio italiana a Londra, l’ambasciata, varie agenzie di commercio estero, studi di diritto internazionale – un network consolidato in trent’anni di attività nel settore linguistico e dell’internazionalizzazione. Il portafoglio dei progetti portati avanti da Landoor in passato in qualità di mediatore linguistico e culturale con la Gran Bretagna è estremamente vasto: spazia dalle traduzioni in Life Sciences (specie nel settore della ricerca clinica e della sperimentazione, in cui la comunità scientifica inglese è sempre stata all’avanguardia, come ha dimostrato anche nella lotta al COVID 19) a tutti i più importanti settori merceologici (macchinari e apparecchiature, automotive, prodotti agroalimentari, abbigliamento e moda, prodotti farmaceutici e chimici, turismo e viaggi), senza trascurare le competenze specifiche in ambito giuridico-finanziario, nel diritto internazionale e nella Common Law, corroborate da expertise sui risvolti linguistico-traduttivi di temi come adempimenti doganali, controlli sanitari e fitosanitari, etichettature.
La Brexit imperdibile opportunità per il made-in-Italy
Sotto la guida di Michael Ellis, il team londinese di Landoor si appresta ad applicare la ben rodata formula imprenditoriale costituita da un mix di competenze nel settore delle traduzioni specialistiche, di esperienza in tema di localizzazione e internazionalizzazione e di presenza in loco per supportare i clienti nella verifica degli aspetti normativi o regolatori relativi al dopo-Brexit. Un supporto linguistico e normativo: proprio ciò di cui ha bisogno il made-in-Italy per riconquistare o ampliare la propria quota di mercato nel Regno Unito oppure per avviare nuove proficue attività o collaborazioni. Per battere la concorrenza dei Paesi extra-UE – che stanno già cavalcando l’onda con un aumento dell’export verso il Regno Unito – è infatti indispensabile poter contare su servizi di localizzazione di siti, pubblicità e ogni tipo di materiale promozionale che aumentino il coinvolgimento dell’utente, facciano salire il ranking sui motori di ricerca diminuendo la competizione e veicolino al meglio contenuti di valore. Anche i servizi di interpretariato, in presenza o in remoto, giocano un ruolo essenziale.
“Ci sono tantissime opportunità di business, qui a Londra e in tutto il Regno Unito – afferma Michael Ellis. – Noi di Landoor, potendo vantare molti clienti internazionali con sedi nell’EMEA e nel Regno Unito, siamo un osservatorio privilegiato ed essere a Londra in questo momento ci mette nelle condizioni ideali per supportare nel modo giusto gli scambi e le relazioni tra i due Paesi”. Si tenga anche presente che, dopo l’uscita dall’UE, la Gran Bretagna non potrà più contare sugli uffici di Bruxelles per interloquire con gli altri Paesi. Diventa perciò assai probabile che si creino nuovi enti e strutture interne che debbano avvalersi delle competenze linguistiche necessarie per condurre negoziati commerciali o di altro tipo.
“Il nostro vuole essere un grido di allarme alle aziende del nostro Paese e a quelle del resto dell’Unione. Il made-in-Italy, in particolare, ha tutte le carte in regola per riconquistare la propria quota di mercato nel Regno Unito o per avviare nuove attività e collaborazioni con quel Paese”, aggiunge Michael Ellis. “Di più: questo momento di transizione può rappresentare un’ottima occasione per una ridistribuzione della torta, dove la fetta maggiore verrà conquistata da chi saprà muoversi per primo e con maggior cognizione di causa”.
Landoor ha saputo vivere il complicato periodo della pandemia come un’occasione di crescita ed è in grado di riprodurre questa esperienza con i propri Clienti. La vision aziendale e il modello human-to-human, (ovvero l’equilibrato connubio tra tecnologia e capitale umano) che la caratterizzano si fondano sulla crescita individuale e sul benessere delle Persone – dove per Persone si intende non soltanto il team di collaboratori, ma anche i Clienti, con i quali si costruiscono solide relazioni di fiducia e di empatia. “Vediamo in questo un grande valore aggiunto”, conclude Micheal Ellis, “che sarà sicuramente apprezzato anche sul mercato inglese”.